Waves
Visuale | 2010, May    

Waves

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Waves è un lavoro che guarda all’infanzia. Parte dal momento in cui, per la prima volta, ci si accinge a tracciare il proprio nome per poi scorrere attraverso i luoghi che ci hanno visti bambini. Scrivere il proprio nome è un modo di verificare la propria esistenza, definendo la propria identità e, allo stesso tempo, è un marchiare per essere riconosciuti. Waves è la storia di un incidente: quel riconoscimento non avviene e l’affermazione io esisto non incontra eco. Waves è un ritorno al luogo d’origine per rintracciare il proprio nome in un ennesimo tentativo estremo e disperato; ma lo snodarsi tra i ricordi infantili, affermando il proprio esistere, ancora una volta non ha alcun esito. Waves ha in sé una portata rabbiosa e sovversiva, ma della sovversione non ha il coraggio. Finisce invece per risolversi nella non azione, nell’azzeramento, in scritte che non lasciano traccia evidente di sé; permettono, però, la memoria di tutto ciò che il percorso contiene.